Italo Calvino

"Il visconte Dimezzato"


Presentazione

La prima edizione del Visconte dimezzato uscì presso l'editore Einaudi di Torino nel febbraio del 1952, nella collana "I gettoni" diretta da Elio Vittorini. Più di trent'anni dopo, a uno studente che lo interrogava su questo libro, Calvino rispose con le parole che vengono qui riprodotte(Intervista con gli studenti di Pesaro dell '11 maggio 1983, trascritta e pubblicata in "Il gusto dei contemporanei", Quaderno n. 3, Italo Calvino, Pesaro 1987, p. 9).

Viene riportata in nota la parte centrale e più significativa di una lettera che Calvino scrisse a Carlo Salinari, in risposta a una recensione che egli aveva scritto su "l'Unità" del 6 agosto 1952.

Quando ho cominciato a scrivere Il visconte dimezzato, volevo soprattutto scrivere una storia divertente per divertire me stesso, e possibilmente per divertire gli altri; avevo questa immagine di un uomo tagliato in due ed ho pensato che questo tema dell'uomo tagliato in due, dell'uomo dimezzato fosse un tema significativo, avesse un significato contemporaneo: tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti, tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l'altra11. Per fare questo ho cercato di mettere su una storia che stesse in piedi, che avesse una simmetria, un ritmo nello stesso tempo da racconto di avventura ma anche quasi da balletto. Il modo per differenziare le due metà mi è sembrato che quella di farne una cattiva e l'altra buona fosse quella che creasse il massimo contrasto. Era tutta una costruzione narrativa basata sui contrasti. Quindi la storia si basa su una serie di effetti di sorpresa: che, al posto del visconte intero, ritorni al paese un visconte a metà che è molto crudele, mi è parso che creasse il massimo di effetto di sorpresa; che poi, a un certo punto, si scoprisse invece un visconte assolutamente buono al posto di quello cattivo creava un altro effetto di sorpresa; che queste due metà fossero egualmente insopportabili, la buona e la cattiva, era un effetto comico e nello stesso tempo anche significativo, perché alle volte i buoni, le persone troppo programmaticamente buone

e piene di buoni intenzioni sono dei terribili scocciatori. L'importante in una cosa del genere è fare una storia che funzioni proprio come tecnica narrativa, come presa sul lettore. Nello stesso tempo, io sono sempre anche molto attento ai significati: bado a che una storia non finisca per essere interpretata in modo contrario a come la penso io; quindi anche i significati sono molto importanti, però in un racconto come questo l'aspetto di funzionalità narrativa e, diciamolo, di divertimento, è molto importante. Io credo che il divertire sia una funzione sociale, corrisponde alla mia morale; penso sempre al lettore che si deve sorbire tutte queste pagine, bisogna che si diverta, bisogna che abbia anche una gratificazione; questa è la mia morale: uno ha comprato il libro, ha pagato dei soldi, ci investe del suo tempo, si deve divertire. Non sono solo io a pensarla così, ad esempio anche uno scrittore molto attento ai contenuti come Bertolt Brecht diceva che la prima funzione sociale di un'opera teatrale era il divertimento. O penso che il divertimento sia una cosa seria.

Cronologia

La presente Cronologia riproduce quella curata da Mario Barenghi e Bruno Falcetto per l'edizione dei Romanzi e racconti di Italo Calvino nei Meridiani, Mondadori, Milano 1991.

"Dati biografici: io sono ancora di quelli che credono, con Croce, che di un autore contano solo le opere.(Quando contano, naturalmente.) Perciò dati biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di cambiarli da una volta all'altra.Mi chieda pure quel che vuol sapere, e Glielo dirò.Ma non Le dirò mai la verità, di questo può star sicura" [lettera a Germana Pescio Bottino, 9 giugno 1964].

"Ogni volta che rivedo la mia vita fissata e oggettivata sono preso dall'angoscia, soprattutto quando si tratta di notizie che ho fornito io [...], ridicendo le stesse cose con altre parole, spero sempre d'aggirare il mio rapporto nevrotico con l'autobiografia [lettera a Claudio Milanini, 27 luglio 1985] Italo Calvino nasce il 15 ottobre a Santiago de las Vegas, presso L'Avana. Il padre, Mario, è un agronomo di vecchia famiglia sanremese, che si trova a Cuba, dopo aver trascorso una ventina d'anni in Messico, per dirigere una stazione sperimentale di agricoltura e una scuola agraria. La madre, Evelina Mameli, sassarese d'origine, è laureata in scienze naturali e lavora come assistente di botanica all'Università di Pavia.

"Mia madre era una donna molto severa, austera, rigida nelle sue idee

tanto sulle piccole che sulle grandi cose. Anche mio padre era mo lto austero e burbero ma la sua severità era più rumorosa, collerica, intermittente. Mio padre come personaggio narrativo viene meglio, sia come vecchio ligure molto radicato nel suo paesaggio, sia come uomo che aveva girato il mondo e che aveva vissuto la rivoluzione messicana al tempo di Pancho Villa. Erano due personalità molto forti e caratterizzate [...] L'unico modo per un figlio per non essere schiacciato [...] era opporre un sistema di difese. Il che comporta anche delle perdite: tutto il sapere che potrebbe essere trasmesso dai genitori ai figli viene in parte perduto" [RdM 80].

1925 La famiglia Calvino fa ritorno in Italia. Il rientro in patria era stato programmato da tempo, e rinviato a causa dell'arrivo del primogenito: il quale, per parte sua, non serbando del luogo di nascita che un mero e un po' ingombrante dato anagrafico, si dirà sempre ligure, o, più precisamente, sanremese.

"Sono cresciuto in una cittadina che era piuttosto diversa dal resto d'Italia, ai tempi in cui ero bambino: San Remo, a quel tempo ancora popolata di vecchi inglesi, granduchi russi, gente eccentrica e cosmopolita. E la mia famiglia era piuttosto insolita sia per San Remo sia per l'Italia d'allora: scienziati, adoratori della natura, liberi pensatori [...] Mio padre [...] di famiglia mazziniana repubblicana anticlericale massonica, era stato in gioventù anarchico kropotkiniano e poi socialista riformista [...] mia madre [...], di famiglia laica, era cresciuta nella religione del dovere civile e della scienza, socialista interventista nel '15 ma con una tenace fede pacifista" [Par 60].

I Calvino vivono tra la villa "La Meridiana" e la campagna avita di San Giovanni Battista. Il padre dirige la Stazione sperimentale di floricoltura " Orazio Raimondo", frequentata da giovani di molti paesi, anche extraeuropei. In seguito al fallimento della Banca Garibaldi di San Remo, mette a disposizione il parco della villa per la prosecuzione dell'attività di ricerca e d 'insegnamento.

"Tra i miei familiari solo gli studi scientifici erano in onore; un mio zio materno era un chimico, professore universitario, sposato a una chimica; anzi ho avuto due zii chimici sposati a due zie chimiche [...] io sono la pecora nera, l 'unico letterato della famiglia" [Accr 60].

"Il primo ricordo della mia vita è un socialista bastonato dagli squadristi [...] è un ricordo che deve riferirsi probabilmente all'ultima volta che gli squadristi usarono il manganello, nel 1926, dopo un attentato a Mussolini [...] Ma far discendere dalla prima immagine infantile, tutto quel che si vedrà e sentirà nella vita, è una tentazione

letteraria" [Par 60].

I genitori sono contrari al fascismo; la loro critica contro il regime tende tuttavia a sfumare in una condanna generale della politica. "Tra il giudicare negativamente il fascismo e un impegno politico antifascista c'era una distanza che ora è quasi inconcepibile" [Par 60].

1927 Frequenta l'asilo infantile al Saint George College. Nasce il fratello Floriano, futuro geologo di fama internazionale e docente all'Università di Genova.

1929-33 Frequenta le Scuole Valdesi. Diventerà balilla negli ultimi anni delle elementari, quando l'obbligo dell'iscrizione verrà esteso alle scuole private.

"La mia esperienza infantile non ha nulla di drammatico, vivevo in un mondo agiato, sereno, avevo un'immagine del mondo variegata e ricca di sfumature contrastanti, ma non la coscienza di conflitti accaniti" [Par 60].

1934 Superato l'esame d 'ammissione, frequenta il ginnasio -liceo " G. D. Cassini". I genitori non danno ai figli un'educazione religiosa, e in una scuola statale la richiesta di esonero dalle lezioni di religione e dai servizi di culto risulta decisamente anticonformistica. Ciò fa sì che Italo, a volte, si senta in qualche modo diverso dagli altri ragazzi: "Non credo che questo mi abbia nuociuto: ci si abitua ad avere ostinazione nelle proprie abitudini, a trovarsi isolati per motivi giusti, a sopportare il disagio che ne deriva, a trovare la linea giusta per mantenere posizioni che non sono condivise dai più. Ma soprattutto sono cresciuto tollerante verso le opinioni altrui, particolarmente nel campo religioso [...] E nello stesso tempo sono rimasto completamente privo di quel gusto dell'anticlericalismo così frequente in chi è cresciuto in mezzo ai preti" [Par 60].

1935-38 "Il primo vero piacere della lettura d'un vero libro lo provai abbastanza tardi: avevo già dodici o tredici anni, e fu con Kipling, il primo e(soprattutto) il secondo libro della Giungla. Non ricordo se ci arrivai attraverso una biblioteca scolastica o perché lo ebbi in regalo. Da allora in poi avevo qualcosa da cercare nei libri: vedere se si ripeteva quel piacere della lettura provato con Kipling" [manoscritto inedito].

Oltre ad opere letterarie, il giovane Italo legge con interesse le riviste umoristiche(Bertoldo, Marc'Aurelio, Settebello) di cui lo attrae lo spirito d'ironia sistematica [Rep 84], tanto lontano dalla retorica del regime. Disegna vignette e fumetti; si appassiona al cinema.

"Ci sono stati anni in cui andavo al cinema quasi tutti i giorni e magari

due volte al giorno, ed erano gli anni tra diciamo il Trentasei e la guerra, l'epoca insomma della mia adolescenza" [AS 74].

Per la generazione cui Calvino appartiene, quell'epoca è però destinata a chiudersi anzitempo, e nel più drammatico dei modi. L'estate in cui cominciavo a prender gusto alla giovinezza, alla società, alle ragazze, ai libri, era il 1938: finì con Chamberlain e Hitler e Mussolini a Monaco. La "belle époque" della Riviera era finita [...] Con la guerra, San Remo cessò d'essere quel punto d'incontro cosmopolita che era da un secolo(lo cessò per sempre; nel dopoguerra diventò un pezzo di periferia milan-torinese) e ritornarono in primo piano le sue caratteristiche di vecchia cittadina di provincia ligure. Fu, insensibilmente, anche un cambiamento d'orizzonti [Par 60].

1939-40 La sua posizione ideologica rimane incerta, sospesa fra il recupero polemico di una scontrosa identità locale, "dialettale", ed un confuso anarchismo. "Fino a quando non scoppiò la seconda guerra mondiale, il mondo mi appariva un arco di diverse gradazioni di moralità e di costume, non contrapposte, ma messe l'una a fianco dell'altra [...] Un quadro come questo non imponeva affatto delle scelte categoriche come può sembrare ora" [Par 60].

Scrive brevi racconti, apologhi, opere teatrali - "tra i 16 e i 20 anni sognavo di diventare uno scrittore di teatro" [Pes 83] - e anche poesiole d'ispirazione montaliana: "Montale fin dalla mia adolescenza è stato il mio poeta e continua ad esserlo [...] Poi sono ligure, quindi ho imparato a leggere il mio paesaggio anche attraverso i libri di Montale" [D'Er 79].

1941-42 Conseguita la licenza liceale(gli esami di maturità sono sospesi a causa della guerra) si iscrive alla Facoltà di Agraria dell'Università di Torino, dove il padre era incaricato di Agricoltura Tropicale, e supera quattro esami del primo anno, senza peraltro inserirsi nella dimensione metropolitana e nell'ambiente universitario; anche le inquietudini che maturavano nell 'ambiente dei Guf gli rimangono estranee. É invece nei rapporti personali, e segnatamente nell'amicizia con Eugenio Scalfari(già suo compagno di liceo), che trova stimolo per interessi culturali e politici ancora immaturi, ma vivi.

"A poco a poco, attraverso le lettere e le discussioni estive con Eugenio venivo a seguire il risveglio dell'antifascismo clandestino e ad avere un orientamento nei libri da leggere: leggi Huizinga, leggi Montale, leggi Vittorini, leggi Pisacane: le novità letterarie di quegli anni segnavano le tappe d'una nostra disordinata educazione eticoletteraria" [Par 60].

1943 In gennaio si trasferisce alla Facoltà di Agraria e Forestale della

Regia Università di Firenze, dove sostiene tre esami. Le sue opzioni politiche si vanno facendo via via più definite; alla fine di luglio brinda con gli amici alla notizia delle dimissioni di Mussolini [Scalf 85]. Dopo l'otto settembre, renitente alla leva della Repubblica di Salò, passa alcuni mesi nascosto. É questo - secondo la sua testimonianza personale - un periodo di solitudine e di letture intense, che avranno un grande peso nella sua vocazione di scrittore.

1944 Dopo aver saputo della morte in combattimento del giovane medico comunista Felice Cascione, chiede a un amico di presentarlo al PCI; poi, insieme al fratello sedicenne, si unisce alla seconda divisione di assalto "Garibaldi" intitolata allo stesso Cascione, che opera sulle Alpi Marittime, teatro per venti mesi di alcuni fra i più aspri scontri tra i partigiani e i nazifascisti. I genitori, sequestrati dai tedeschi e tenuti lungamente in ostaggio, danno prova durante la detenzione di notevole fermezza d'animo.

"La mia scelta del comunismo non fu affatto sostenuta da motivazioni ideologiche. Sentivo la necessità di partire da una "tabula rasa" e perciò mi ero definito anarchico [...] Ma soprattutto sentivo che in quel momento quello che contava era l'azione; e i comunisti erano la forza più attiva e organizzata" [Par 60].

L'esperienza della guerra partigiana risulta decisiva per la sua formazione umana, prima ancora che politica. Esemplare gli apparirà infatti soprattutto un certo spirito che animava gli uomini della Resistenza: cioè "una attitudine a superare i pericoli e le difficoltà di slancio, un misto di fierezza guerriera e autoironia sulla stessa propria fierezza guerriera, di senso di incarnare la vera autorità legale e di autoironia sulla situazione in cui ci si trovava a incarnarla, un piglio talora un po' gradasso e truculento ma sempre animato da generosità, ansioso di far propria ogni causa generosa. A distanza di tanti anni, devo dire che questo spirito, che permise ai partigiani di fare le cose meravigliose che fecero, resta ancor oggi, per muoversi nella contrastata realtà del mondo, un atteggiamento umano senza pari" [GAD 62].

Il periodo partigiano è cronologicamente breve, ma, sotto ogni altro riguardo, straordinariamente intenso.

"La mia vita in quest'ultimo anno è stato un susseguirsi di peripezie [...] sono passato attraverso una inenarrabile serie di pericoli e di disagi; ho conosciuto la galera e la fuga, sono stato più volte sull'orlo della morte. Ma sono contento di tutto quello che ho fatto, del capitale di esperienze che ho accumulato, anzi avrei voluto pure di più" [lettera a Scalfari, 6 giugno 1945].

1945 Dopo la Liberazione inizia la "storia cosciente" delle idee di Calvino, che seguiterà a svolgersi, anche durante la militanza nel PCI, attorno al nesso inquieto e personale di comunismo e anarchismo. Questi due termini, più che delineare una prospettiva ideologica precisa, indicano due complementari esigenze ideali: "Che la verità della vita si sviluppi in tutta la sua ricchezza, al di là delle necrosi imposte dalle istituzioni" e "che la ricchezza del mondo non venga sperperata ma organizzata e fatta fruttare secondo ragione nell'interesse di tutti gli uomini viventi e venturi" [Par 60].

Usufruendo delle facilitazioni concesse ai reduci, in settembre si iscrive al terzo anno della Facoltà di Lettere di Torino, dove si trasferisce stabilmente. "Torino [...] rappresentava per me - e allora veramente era - la città dove movimento operaio e movimento d'idee contribuivano a formare un clima che pareva racchiudere il meglio d'una tradizione e d 'una prospettiva d 'avvenire" [GAD 62].

Attivista del PCI nella provincia di Imperia, scrive su vari periodici, fra i quali " La Voce della Democrazia"(organo del CLN San Remo), "La nostra lotta"(organo della sezione sanremese del PCI), "Il Garibaldino"(organo della Divisione Felice Cascione).

Diviene amico di Cesare Pavese, che negli anni seguenti sarà non solo il suo primo lettore - "finivo un racconto e correvo da lui a farglielo leggere. Quando morì mi pareva che non sarei più stato buono a scrivere, senza il punto di riferimento di quel lettore ideale" [DeM 59] - ma anche un paradigma di serietà e di rigore etico, su cui cercherà di modellare il proprio stile, e perfino il proprio comportamento. Grazie a Pavese presenta alla rivista "Aretusa" di Carlo Muscetta il racconto Angoscia, che esce sul numero di dicembre. In dicembre inizia anche, con l'articolo Liguria magra e ossuta, la sua collaborazione con "Il Politecnico" di Elio Vittorini.

"Quando ho cominciato a scrivere ero un uomo di poche letture, letterariamente ero un autodidatta la cui "didassi" doveva ancora cominciare. Tutta la mia formazione è avvenuta durante la guerra. Leggevo i libri delle case editrici italiane, quelli di "Solaria" [D'Er 79].

1946 Comincia a gravitare attorno alla casa editrice Einaudi, vendendo libri a rate [Accr 60]. Pubblica su periodici(" L'Unità", "Il Politecnico") numerosi racconti che poi confluiranno in Ultimo viene il corvo. In maggio comincia a tenere sull'" Unità" di Torino la rubrica "Gente nel Tempo". Alla fine di dicembre vince(ex aequo con Marcello Venturi) il premio indetto dall'"Unità" di Genova, con il racconto Campo di mine. Su esortazione di Pavese e di Giansiro Ferrata si dedica alla stesura di un